Com’è possibile parlare di invecchiamento positivo che di per sé invecchiare non lo è? Certo, se consideriamo il processo di invecchiamento soltanto secondo la dimensione del declino, a partire dai 65 anni andiamo incontro a tutta una serie di deficit a carico dei nostri sistemi sensoriali, come la vista, l’udito, il gusto, e dei nostri processi cognitivi di base, come la memoria e l’attenzione, che possono influenzare in modo determinante il nostro stile di vita. Ma il processo di invecchiamento porta con sé anche il concetto di cambiamento, che può avere una doppia valenza: si può cambiare e star bene e si può cambiare e stare male. Infine, l’invecchiamento è anche sviluppo, è maturità, è il raggiungimento della piena esperienza e della maggiore comprensione degli eventi presenti.
Parlare oggi di invecchiamento positivo significa dunque tenere in considerazione tutte e tre queste dimensioni: declino, cambiamento e sviluppo. Non è un caso infatti che, anche in presenza di certi “declini”, come le malattie invalidanti, sia possibile invecchiare bene e che, anche in assenza di malattie, sia possibile invecchiare male. Longevità e benessere dunque possono seguire due traiettorie distinte. Cosa significa quindi, invecchiare bene?
Non tutti concordano sulla definizione di “invecchiamento positivo”: molti ricercatori lo chiamano anche “invecchiamento in salute” o “invecchiamento produttivo”. Vi è invece maggiore accordo per quel che riguarda le componenti principali dell’invecchiare bene. Tra queste vengono spesso citati la longevità, il benessere/livello di soddisfazione della propria vita, l’assenza di disabilità, il desiderio di apprendimento/crescita, l’impegno attivo sociale, l’indipendenza e la capacità di adattamento/resilienza.
Invecchiare bene chiama dunque in causa anche i tratti di personalità. Gli anziani più ottimisti invecchiano meglio, sono più aperti, curiosi, desiderosi di conoscere nuove idee e seguono valori non convenzionali. Essi provano anche delle emozioni più forti, sia positive che negative, rispetto agli individui più chiusi e pessimisti. Altri tratti di personalità tipicamente associati all’invecchiamento positivo sono la calma (l’essere sicuro di sé, compiaciuto di sé, sereno), un basso livello di conservatorismo, l’essere più tollerante e una bassa dipendenza dal gruppo. Infine, ma non in ordine di importanza, un’alta percezione di autoefficacia, ossia il sentirsi in grado di affrontare i problemi della vita quotidiana e le difficoltà che una malattia può portare con sé, media l’invecchiamento positivo.
(Tratto da “Psicologia contemporanea” n. 202, luglio-agosto 2007)